Ciao Tullio De Mauro, aperto agli anglismi non agli anglicismi





ROMA – Con la scomparsa di Tullio De Mauro va via un uomo dalla vasta cultura, riconosciuto unanimemente come grande conoscitore della lingua italiana, un critico attento delle innovazioni dell’italiano, ma anche un linguista moderno e aperto al cambiamento. Intervistato dall’Agenzia Dire in occasione di un convegno sulla didattica capovolta – il 19 febbraio dello scorso anno nella Biblioteca Nazionale Centrale di Roma – sull’aumento dell’uso delle parole inglesi nell’italiano (erano i giorni in cui imperversava il termine stepchild, ndr), rispose correggendo la giornalista, che impropriamente chiamava “anglicismi” i prestiti dall’inglese. “Gli inglesi, nel cui dna non c’è il sapere latino, hanno forgiato questa parola da “anglo” appiccicandoci un ‘-icismo’”, spiegava. “Quindi la parola ‘anglicismo’ è essa stessa un ‘anglismo’”. Per De Mauro, l’uso del termine, “anche da parte dell’Accademia della Crusca” mostrava “quanto è forte la pressione dell’inglese che subiamo”. “Una pressione benefica- affermava ancora- perché impariamo a dire cose che altrimenti non sapremmo come dire, anche se in alcuni casi usiamo l’inglese per darci arie”.

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Pubblicato il: 6 Gennaio 2017

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