a Zurigo 80 tonnellate di feci umane diventano una nuova espressione di arte contemporanea – di Pablo Echaurren





 Ormai sono diventato un esperto del settore, un esperto di espressioni artistiche al limite, al limite della psicopatologia, e sull’arte “escrementizia” mi considero un vero esegeta, un cantore. Tralasciando i capostipiti come Marcel Duchamp col suo orinatoio (1917) e Piero Manzoni con i suoi celebrati barattoli (1961), non si possono ignorare i cavalli viventi e scagazzanti di Jannis Kounellis (1969). Ma poi l’elenco si infittisce: le feci e altri liquidi organici di spurgo entrano prepotentemente a far parte della strumentazione artistica tanto come elemento costituente quanto come oggetto d’ispirazione. Basti citare la seggetta soffice di Claes Oldenburg, i lavori di David Hammons, lo “stronzo” lungo oltre un metro di Paul McCarthy, le madonne con sterco elefantino di Chris Ofili, e poi ancora i clisteri di Keith Boadwee, le opere di Kaka Maker, le Shithead e gli Shitpainting di Mark Quinn, il tubo digerente di Win Delvoye, non ultimo il water in oro del solito Pierino della Francesca (Cattelan). Ma ci sarebbe molto altro ancora, mi fermo per carità cristiana.Invece non si fermano i curatori di mostre internazionali sempre a caccia dello scandalo da sventolare come un martirio mediatico. È la volta della grande “kermesse in piega” Manifesta 11 affidata quest’anno a Christian Jankowski che ha creduto bene di invitare Mike Bouchet a presentare la sua opera The Zurich Load, risultato del trattamento di 80 mila chilogrammi di feci umane, ovvero quelle prodotte quotidianamente dagli abitanti della città elvetica.

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Pubblicato il: 15 Giugno 2016

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